ARTIFICIALE CERTO, MA INTELLIGENZA? (QUESTA VOLTA È DAVVERO DIVERSO)

ARTIFICIALE CERTO, MA INTELLIGENZA? (QUESTA VOLTA È DAVVERO DIVERSO)

Mar, 06/06/2023 - 20:00
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Il tema dell’intelligenza artificiale è oggi centrale in ogni ragionamento

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Quando il nostro sito iniziò a occuparsi di intelligenza artificiale (AI), ormai più di tre anni fa, il tema era già noto al grande pubblico, ma l’interesse era per lo più ancora ristretto fra gli esperti informatici o fra gli appassionati di tecnologia e scienza. Poi ne abbiamo riparlato poco più di due mesi fa, con un editoriale che intitolammo “La nuova frontiera”[1], nel quale esprimevamo il concetto che, con l’avvento di Chat GPT et similia, niente sarebbe più stato come prima. Da allora il dibattito sull’AI è diventato virale, con un’accelerazione e un’impennata di popolarità (e preoccupazione) formidabile.

Gli utenti della chatbot Chat GPT, la piattaforma conversazionale di OpenAI – organizzazione non profit che si propone di rendere disponibile a tutti questo nuovo incredibile strumento – sono passati da poche migliaia a oltre un miliardo in un paio di mesi. Allo stesso tempo l’ineffabile Elon Musk, il patron di Twitter ma soprattutto di Tesla (che grazie all’AI ha fatto successo con il sistema di guida senza autista), ha chiesto a gran voce di fermare l’inarrestabile corsa dello sviluppo dei sistemi AI, che rischia di provocare danni enormi e irreversibili per la nostra società.

.intelligenza artificiale

Ma la notizia che più delle altre deve far riflettere, è l’accorato appello di Geoffrey Hinton, il settantacinquenne considerato uno dei padrini dell’AI ad arginare il mostro che rischia di travolgerci. Fermate il mondo, voglio scendere, ha in sostanza detto Hinton, che ha rassegnato le sue dimissioni da Google, il gigante presso cui aveva impiantato la ricerca applicativa sull’AI, e che molto presumibilmente lo ha ricoperto d’oro.

Se dunque lo stesso creatore del machine learning ha lanciato questo drammatico warning sui pericoli che il mondo sta allegramente sottovalutando, evocando l’apprendista stregone che lui stesso aveva paventto, dobbiamo credere di essere veramente sul ciglio del burrone: un passo ancora e la caduta sarà inarrestabile.

Ma quali sono i pericoli, e perché vengono a galla solo ora, dopo che per anni abbiamo ammirato e decantato le sorti magnifiche e progressive di chatbot e machine learning? E alla fine non può trattarsi di una semplice valutazione di costi/benefici, alla quale noi economisti formati nel secolo scorso siamo abituati?

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Purtroppo no, in questo gioco d’azzardo è vero che i (certi) benefici economici sono enormi, ma è anche vero che i costi sociali rischiano di essere insostenibili e ultimativi. Vediamo perché, grazie a quello che ci ha raccontato uno dei maggiori esperti dell’AI applicata alla net economy oggi operanti in Italia, Rodolfo Falletti, che - come i lettori sanno - collabora da anni al nostro sito.

Quello che ha fatto impennare il rischio e che ha avvicinato molto rapidamente l’AI all’intelligenza naturale è la cosiddetta rete neurale, ovvero la capacità di replicare il reticolo a stella che connette i neuroni del nostro cervello in una miriade di autostrade e connessioni. In tal modo, molti dei “buchi” che caratterizzavano la prima fase dell’AI sono scomparsi, grazie alla molteplicità di risposte concomitanti che la macchina è in grado di fornire, in modo del tutto analogo al funzionamento del cervello. Solo che riesce a farlo ad una velocità esponenzialmente superiore e utilizzando un magazzino di informazioni pressoché infinito, e continuamente crescente.

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La storia incredibile è che la consapevolezza della rete neuronale è stata acquisita dal campione mondiale del gioco orientale GO, nel quale due giocatori collocano alternativamente pedine (dette pietre) nere e bianche sulle intersezioni vuote di una scacchiera detta goban. Ebbene, questo signore, impegnato a giocare contro la macchina contro la quale fino ad allora aveva sempre vinto, si è reso conto che la vittoria del suo antagonista era stata determinata da una mossa fatta ben 100 mosse prima, che al momento del gioco pareva incomprensibile. Poiché nessun giocatore umano è palesemente in grado di tenere memoria e di prevedere oltre 100 mosse, quello è stato il preciso momento in cui la rete neurale ha avuto la sua Epifania nel mondo.

Ma quali possono essere i rischi a cui questa corsa inarrestabile verso il baratro ci espone? Immensi: se una mente malvagia dovesse impadronirsi del giocattolo, entrare a gamba tesa nei sistemi idrici, elettrici, sanitari, istituzionali di un paese non sarebbe più oggetto di brillanti racconti di fantascienza, ma terribile attualità.

Sarà possibile impedire questa deriva? Forse. Sarà possibile fermare la marcia trionfale dell’AI? Sicuramente no, perché il ritorno economico che può garantire (risparmi di costi, nuovi prodotti, interpretazione di gusti e preferenze del pubblico, induzione di nuovi bisogni, e così via) è talmente elevato che ci sarà sempre qualcuno che lo vorrà acquisire. Le leggi fisiche possono anche non funzionare, ma quelle economiche e di mercato, specie se collegate al profitto, vinceranno sempre.

Dobbiamo avere dunque paura dell’AI? Certo che no, la storia dell’uomo è proprio la storia del superamento dei limiti e delle nuove frontiere. Se avessimo avuto paura del fuoco, forse ci saremmo estinti come i dinosauri o come i velociraptor. Se ci avesse intimorito il motore a scoppio o la polvere da sparo, oggi andremmo ancora a cavallo o cacceremmo con la fionda. Eppure fuoco e polvere da sparo hanno sicuramente fatto molte vittime e rappresentato grossi rischi.

Una bella sfida che lasciamo alla generazione dei nostri ragazzi.