I corni del dilemma: le buone azioni di fine anno

I corni del dilemma: le buone azioni di fine anno

Mar, 11/19/2019 - 07:56
0 commenti

1200px-Palazzo_mezzanotte_Milan_Stock_Exchange

 

Come abbiamo visto la scorsa settimana, il mercato azionario italiano è cresciuto di quasi il 30% dall’inizio dell’anno, sulla scia del forte trend rialzista che ormai da molto tempo sta interessando il mercato USA. I vecchi operatori dei borsini (i locali delle banche dove si seguivano in diretta le contrattazioni) erano soliti affermare che il trend è tuo amico (trend is your friend) e, in casi come questo, si facevano portare volentieri dalla corrente per partecipare alla festa e mettere fieno in cascina.

Tuttavia fra le tante incertezze che ci circondano, una certezza possiamo averla: prima o poi la pacchia finisce e l’investitore prudente deve evitare di trovarsi a quel momento con il portafoglio totalmente investito, per non essere travolto dall’inversione di tendenza che molto probabilmente sarà intensa e repentina. Inoltre è altrettanto probabile che il prossimo anno, in cui ci saranno le elezioni presidenziali negli Stati Uniti, i mercati vedranno una grande instabilità legata ai possibili esiti dell’importante tornata elettorale, per cui non è da ritenere verosimile che il rally possa continuare, almeno a questi ritmi, oltre la metà del 2020.

E’ chiaro che 6/8 mesi sono comunque molti nell’ottica di un investitore e che la gestione sbagliata di questo periodo può fare molto male sia – nella migliore delle ipotesi – come opportunità di guadagno non sfruttate sia soprattutto se rischiasse di essere travolto dal crollo prossimo venturo.

Infatti una serie di fattori, molto importanti, possono influenzare in modo significativo l’andamento dei mercati e comunque sono portatori di instabilità: dall’ingresso nell’agone del nuovo Presidente della BCE Christine Lagarde dopo l’era di Mario Draghi, all’evoluzione della lunga diatriba sui dazi commerciali fra USA e Cina; dall’ancora incerto sviluppo della Brexit (che ha da tempo compiuto i tre anni) alla capacità di tenuta del governo italiano per tutta la legislatura.

Riuscirà il governatore della Federal Reserve americana a resistere alle pressioni sempre più forti del Presidente uscente Trump per far diminuire i tassi?  E come si presenteranno le trimestrali delle società quotate nel nostro paese in una fase congiunturale di netto rallentamento? Piazza Affari avrà ancora benzina nel serbatoio per correre dopo un aumento del 30% in dieci mesi?

Considerando che mancano circa 5 settimane di mercati aperti da qui alla fine dell’anno e che in questo periodo molti operatori e gestori faranno di tutto per tenere i prezzi al massimo livello possibile al fine di presentare bilanci positivi e incassare i bonus legati alle performance, è ragionevole ritenere che l’attesa inversione di tendenza almeno fino all’anno nuovo non debba verificarsi.

Naturalmente si tratta di un’impostazione di breve o brevissimo periodo, di natura esclusivamente speculativa e finalizzata a lucrare, in chiave tattica, redditi aggiuntivi rispetto a quelli definiti come obiettivi di rendimento del portafoglio. E’ un classico punto di vista da trader, più che dell’investitore: chi ha comunque investito sulla base di una strategia ben precisa (individuando correttamente la propria asset allocation) e di una valutazione sulla gestione economica delle aziende quotate, potrà tranquillamente continuare su questa strada, non facendosi prendere ora dalla frenesia di partecipare al banchetto o, al momento del crollo, dalla depressione che arriverà.

Nella logica dell’investitore entrare ora su un titolo è invece abbastanza difficile, perché i prezzi, in rapporto agli utili societari, sono in genere molto alti, anche se continuano a crescere. Il consiglio è quindi quello di portare a casa, se possibile, le plusvalenze teoriche emerse. In tal caso, è vero che non si guadagnerà più se il corso dell’azione dovesse aumentare ancora, ma è anche vero che in caso di crollo improvviso ci saremmo cautelati. Se e quando il crollo avverrà, mantenendo comunque la fiducia in quel particolare titolo, potremmo ricomprarlo a un prezzo più basso e ci ritroveremmo nella stessa situazione di partenza ma con un bell’utile in saccoccia.

trading-4552077_1280

 

Dal punto di vista del trader, invece, si potrebbe pensare a incursioni rapide su alcuni titoli particolari al momento in cui i prezzi dovessero scendere del 2 o 3 per cento in una singola giornata oppure oltre un certo livello soglia, per poi rivendere al rimbalzo successivo, quando si arrivi a una plusvalenza ritenuta accettabile. In questo caso si deve costruire un elenco (la cosiddetta watchlist), di titoli graditi, da monitorare giorno per giorno. Il concetto dovrebbe essere quello che, se anche nel breve termine non si riesce a chiudere quella operazione e il titolo continuasse a scendere, avremmo sempre effettuato un investimento che ha senso; al limite incasseremmo i dividendi al prossimo stacco.

Va in ogni caso tenuto presente qual è il livello di rischio che si intende correre, ovvero il limite massimo di perdita ritenuto sostenibile, per poi uscire anche in stop loss se le cose dovessero mettersi male.

Viceversa, estremamente rischioso è impostare una strategia short su alcuni titoli o sugli indici di borsa, ovvero vendere allo scoperto e a termine al fine di lucrare sul crollo che si prevede alle porte. Questa strategia è molto pericolosa, ed espone a perdite potenzialmente illimitate se invece il mercato continua a crescere, tanto più se si utilizza la leva finanziaria che amplifica, come noto, sia i guadagni che le perdite.

Un’altra ipotesi operativa da prendere in considerazione può essere quella degli strumenti derivati. Se vogliamo sterilizzare gli utili teorici fino a questo momento emersi senza tuttavia vendere i titoli, potremmo acquistare un certificato (i cosiddetti ETC o ETF) il cui valore aumenta al diminuire dell’indice di borsa, o dell’andamento di un particolare titolo. Si tratta di titoli che utilizzano una determinata leva finanziaria e il cui costo di acquisto può essere considerato una sorta di premio assicurativo. Con opportuni calcoli, è possibile determinare quale ammontare del certificato sottoscrivere a fronte di un determinato utile da plusvalenza che si vuole congelare. Da quel momento in avanti, se i calcoli sono corretti, qualunque cosa succeda il nostro utile teorico non sarà più in discussione; ovviamente però si rinuncerà a eventuali ulteriori guadagni se i nostri titoli dovessero continuare a crescere.

In sostanza, se il mercato crescerà si guadagnerà con il portafoglio, ma si perderà sul derivato; se invece si verificherà il temuto crollo, il derivato si apprezzerà nella stessa misura della minusvalenza sui titoli.

Pur essendo una soluzione interessante, si tratta tuttavia di strumenti che richiedono un certo grado di conoscenza teorica e un’attitudine ad operare sui mercati, per cui sono più adatti a investitori esperti. E inoltre si tratta di strumenti caratterizzati da una certa opacità, specie in merito ai costi caricati da chi li produce e da chi li commercializza. Sono loro che, in ultima analisi, guadagnano con ogni situazione di mercato.