STELLANTIS: CAPO NUOVO VITA NUOVA?
Antonio Filosa è il nuovo capo-azienda
Dopo circa un anno, torniamo a parlare di Stellantis, la multinazionale del settore auto dagli ormai lontani natali italiani e sempre più avviata verso un declino ormai conclamato e di difficile soluzione. I timori di cui parlammo sulla tenuta industriale del gruppo si sono purtroppo avverati, e sono sotto gli occhi di tutti. Rispetto ad allora, c’è la nomina del nuovo capo azienda, l’italiano Antonio Filosa, che entro fine mese subentrerà al timone dell’azienda al portoghese Carlos Tavares, dimissionato senza l’onore delle armi ma con una dote sostanziosa: per il solo 2024 incasserà infatti oltre 35 milioni di Euro, mentre dal 2021 allo scorso anno sono stati 114 milioni, una cifra niente male davvero.
Non che tutte le colpe siano da attribuire al manager, per carità, ma la legge del mercato è che quando la squadra perde, la prima cosa che si cambia è l’allenatore. Né si può dire che tutti ci abbiano rimesso: gli azionisti, ad esempio, che pure hanno visto il titolo dimezzare il suo valore negli ultimi 12 mesi, hanno incassato circa 2 miliardi di dividendi per l’esercizio 2024 e sotto la guida di Tavares in totale sono stati 23 in quattro anni, dei quali 3 sono finiti alla famiglia Agnelli-Elkann.
Nello stesso arco di tempo, invece, i dipendenti sono passati da 53.000 a meno di 40.000 con ampio e frequente ricorso agli incentivi all’esodo e alla cassa integrazione. I veicoli venduti, dal 2023 al 2024, sono diminuiti del 35% e il solo primo trimestre del 2025 – rispetto allo stesso periodo del 2024 – il calo è stato di oltre il 45%. Il 2025 è ormai già a metà corsa, e di sicuro i conti peggioreranno ancora; l’anno di svolta, auspicabilmente, dovrebbe essere il 2026.
Di sicuro il gruppo non ha prestato grande attenzione al nostro paese, riducendo l’attività a vantaggio degli altri siti produttivi, tanto che si è ormai consumato un aperto contrasto con il Governo Meloni. Da una parte Palazzo Chigi accusa Stellantis di disimpegno industriale e delocalizzazioni verso paesi a basso costo; dall’altra il gruppo rivendica un’impronta globale e punta il dito contro la scarsa competitività del “sistema Paese”. Nel mezzo, restano territori in crisi, lavoratori senza prospettive e progetti come la Gigafactory di Termoli ancora fermi alla fase annuncio. La contrapposizione rischia di sfociare in uno scontro sterile, mentre servirebbe una visione industriale condivisa.
L’arrivo di Filosa potrebbe almeno in parte raddrizzare il rapporto, ad esempio portando a compimento il nuovo “Piano Italia” che prevede per l’anno in corso 2 miliardi di investimenti e 6 miliardi di acquisti da fornitori nazionali; una nuova piattaforma Small per Pomigliano d’Arco e la Fiat 500 ibrida per Mirafiori.
E adesso? La gestione di Tavares ha portato Stellantis a una situazione critica, dove i successi finanziari per gli azionisti hanno contrastato con una crisi industriale e occupazionale profonda. Il futuro dell'azienda dipenderà dalla capacità di invertire questa rotta, investendo realmente nella produzione e nell'innovazione, e ristabilendo un equilibrio tra profitto e responsabilità sociale. Potremmo individuare cinque scenari per il futuro di Stellantis, in funzione della capacità di voltare pagina rispetto alla gestione Tavares,
Ecco gli scenari principali:
Ristrutturazione o declino: senza un piano industriale credibile, Stellantis rischia di diventare un conglomerato finanziario senza anima produttiva, con il ridimensionamento dell’Europa — e in particolare dell’Italia — come effetto collaterale.
Tagli ai marchi storici: con 14 brand sotto lo stesso tetto, è probabile una razionalizzazione. I marchi meno redditizi (come Lancia) potrebbero essere ridotti al minimo o eliminati, concentrando le risorse su Jeep e Peugeot.
Recupero tecnologico difficile: il rilancio attraverso l’elettrico low-cost (anche grazie a Leapmotor, la partnership con i Cinesi) è una possibilità, ma la concorrenza asiatica è avanti. Serviranno investimenti veri, non solo accordi commerciali.
Più politica, meno libertà: i governi potrebbero vincolare incentivi pubblici a produzioni localizzate. Stellantis si troverebbe obbligata a negoziare piani nazionali, con meno margini di manovra per razionalizzazioni indiscriminate.
Scorpori o nuove fusioni: se la crisi dovesse approfondirsi, non sarebbe esclusa una nuova fase di fusione o scorporo, ad esempio separando i marchi americani da quelli europei. Un terremoto per l’identità stessa del gruppo.
Il tempo delle scorciatoie è finito. La gestione Tavares ha dimostrato che la ricerca ossessiva del profitto può impoverire il tessuto industriale e sociale. Ora tocca alla nuova leadership decidere se Stellantis vuole restare un attore industriale strategico per l’Europa o diventare solo un gestore di brand in outsourcing. La scelta, ormai, è inevitabile.
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