LO SPIRITO DI BANQUO

LO SPIRITO DI BANQUO

Mar, 06/23/2020 - 08:06
5 commenti

L'ABC dell'economia e della finanza - 3

       

.shakespeare

 

 

Ci chiedevamo nel precedente articolo di questa serie se il mondo senza banche fosse un mondo migliore. Cerchiamo adesso di capirlo partendo dalle funzioni degli istituti di credito, come sono tradizionalmente articolate e come si evolveranno in futuro.

 

.macbeth

 

 

Abbiamo preso in prestito la figura shakespiriana di Macbeth, non tanto perché riteniamo che la banca sia stata “assasinata”, come accadde al padre del protagonista per mano del figlio divorato dall’ambizione e spinto dalla malvagia lady Macbeth. Anche se possiamo dire che in alcuni casi il processo di scomparsa delle banche di media dimensione sia stato accelerato e “aiutato” da mani non propriamente amiche, si è trattato in realtà di un’evoluzione della specie, che ha portato a configurare soggetti che meglio si adattano alla realtà digitale e globalizzata di oggi, in una sorta di darwinismo finanziario.

Temiamo piuttosto che l’ombra delle banche continui a incombere anche dopo che sono sparite dal panorama, perché in effetti l’intermediazione fra risparmio e investimento è proprio l’energia che consente al motore dell’economia di crescere e svilupparsi.

Da un lato c’è chi ha risorse eccedenti i bisogni e le vuole conservare a fronte di necessità future o a titolo di riserva di valore; dall’altro chi ha fabbisogni finanziari – per accrescere o aggiornare la propria attività produttiva - superiori alle disponibilità. E’ evidente che se il trasferimento è rapido ed efficace, tutti ci guadagnano: il risparmiatore che ottiene un reddito dal proprio denaro e lo fa crescere; l’impresa che sfrutta potenzialità di mercato per aumentare il proprio valore.

Ma attenzione: questo lavoro deve essere fatto in modo efficiente ed oculato. Se le risorse finiscono a chi non ha capacità di rimborsarle, la catena del valore si interrompe e anziché produrre ricchezza, la si distrugge. Se la banca presta denaro a chi non lo merita, generando il fenomeno delle “sofferenze” ovvero dei non performing loans, tutto il circuito può entrare in crisi.

Dall’altra parte del percorso, il risparmiatore vuole avere la certezza di potersi riprendere il denaro depositato in qualunque momento e non può assumersi il rischio di insolvenza delle imprese. La banca dovrebbe dunque garantire il buon fine del trasferimento, evitando di prestare denaro a chi non sa renderlo produttivo e mantenendosi sempre in grado di adempiere ai suoi impegni.

In caso contrario, dovrà essere in grado di assorbire le perdite col proprio capitale (ed è per questo che le Autorità di vigilanza impongono requisiti patrimoniali minimi in relazione all’entità del portafoglio prestiti). Ma non potrà permettersi di non rimborsare i depositanti, perchè altrimenti il sistema implode. L’asset principale della banca è la fiducia, e se viene meno questa, tutto il castello crolla.

Non basta infatti che sia assicurato l’equilibrio patrimoniale, è necessario anche quello finanziario: se il depositante vuole ritirare oggi i suoi depositi e l’azienda rimborserà il prestito solo fra un anno, chiaramente il giochino diventa pericoloso, anche se l’azienda gode di buona salute. Se fra i depositanti si diffonde il timore che la banca non sia in grado di restituire i depositi, crolla la fiducia non solo verso quella specifica banca, ma nei confronti di tutto il sistema creditizio. E le scene del passato con le file di risparmiatori inferociti agli sportelli sono lì a testimoniarci la gravità di questo scenario.

La banca “trasforma” il denaro nello stesso modo in cui un’impresa trasforma la materia prima per ottenere il prodotto finito. Da breve termine a lungo termine, da liquido a investito, da frazionato a somme rilevanti. Producendo quindi valore aggiunto, richiede la remunerazione: il cosiddetto “margine di interesse”,  ovvero la differenza fra interessi attivi (quelli riscossi dalle aziende a cui ha prestato denaro) e interessi passivi (quelli pagati ai depositanti), che si forma moltiplicando la massa amministrata, il complesso dei depositi,  per la “forbice”, la differenza fra tassi attivi e tassi passivi.

Mentre nel mondo tradizionale (diciamo fino a qualche decennio fa) questo margine da solo assicurava lauti guadagni alle banche e profitti per i loro azionisti, oggi non è più così. In primo luogo è oggettivamente aumentata la rischiosità dei prestiti, per effetto della maggiore concorrenza sui mercati che le aziende clienti si trovano a fronteggia. Poi perché i tassi sono diminuiti in modo sensibile ed è intuitivo rendersi conto che con tassi bassi le banche guadagnano meno (c’è meno “trippa per gatti”). Ma soprattutto perché oggi il mercato creditizio è molto più competitivo di un tempo, quando c’era una situazione di sostanziale oligopolio, in cui il mercato era chiuso e governato da norme non trasparenti, e la clientela meno informata e con minori pretese.

Non solo: mentre una volta le maggiori banche erano pubbliche, oggi sono quotate e i loro azionisti sono molto più esigenti dello Stato, richiedendo profitti e dividendi sempre maggiori.

Mentre un tempo le attività diverse dall’intermediazione tradizionale procuravano commissioni e proventi relativamente poco importanti, oggi il solo margine di interesse non basta a far sopravvivere le banche, e i cosiddetti “servizi” hanno assunto sempre maggior peso nei bilanci bancari. Conseguentemente il “margine di intermediazione”, costituito dal margine di interesse più i proventi (commissioni) per i servizi, è diventato sempre più rilevante.

Ma anche in questo caso i servizi, come ad esempio la gestione dei portafogli, l’amministrazione dei titoli, le tesorerie, le carte di credito e così via, scontano la presenza sul mercato di agguerriti concorrenti, che riescono a praticare costi molto bassi perché magari ricorrono ad elevate tecnologie, e si riducono i margini di guadagno unitari.

Ecco spiegato perché, per sopravvivere, le banche hanno bisogno di aumentare molto la scala e il volume delle loro attività, e quindi il poco spazio rimasto è in gran parte occupato da istituti di grande e grandissima dimensione.

Ma per aumentare la dimensione, deve necessariamente aumentare anche il rischio, e quindi il capitale in grado di fronteggiarlo. E come abbiamo visto, gli azionisti richiedono alta redditività per poter impiegare il loro capitale. Per questo la banca tradizionale oggi non esiste più, anche se il suo spirito continua ad aleggiare sull’economia, come appunto  lo spirito di Banquo, ma si incarna in soggetti diversi.

 

.scottish castle

 

 

Nel prossimo articolo, dopo un breve accenno ai bilanci delle banche,  vedremo come questi istituti possono attrezzarsi per sopravvivere in questa nuova sfidante realtà,  parlando soprattutto del “fattore umano”, perché alla fine un mondo senza banche non è pensabile nel sistema capitalistico.

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Commenti

Ciao Marco, sono pienamente d'accordo con ciò che hai scritto e, soprattutto, sul fatto che un sistema capitalistico non può esistere senza Banche.
Aggiungo però che quest'ultime, affinché possano assicurare all'intero sistema economico il loro ruolo reale di "volano dell'economia" dovrebbero essere lasciate libere di fare il loro sacrosanto mestiere senza che intercessioni varie di regolamenti, normative e leggi di altra natura creino loro costi, appesantimenti burocratici e, di conseguenza, inefficienza. Pensa un po' a tutto il "fastello" dell'antiriciclaggio!!!!!!
Vado indietro nel tempo e, precisamente a cavallo tra gli anni 80 e 90, quando l'allora Presidente del Consiglio Giuliano Amato definì il sistema bancario "una foresta pietrificata" spostando le Banche dal loro ruolo naturale che le vedeva al centro del mercato al ruolo di imprese qualsiasi facenti parte del mercato e soggette, di conseguenza, ad una concorrenza spietata che, unitamente ad altri fattori, ha fatto perdere loro redditività.
In realtà chi pronuncio' quelle parole non aveva ben chiaro il funzionamento dell'intero sistemai economico n quanto le Banche non possono svendere i loro servizi e la loro credibilità nel "calarsi sempre di più i pantaloni" pur di portare a casa operazioni che, ai tassi odierni, non ripagano neanche il rischio; una Banca ha, infatti, l'obbligo primario di guadagnare allo scopo di patrimonializzarsi sempre di più per dare fiducia e garanzie sempre più solide ai risparmiatori. Se ciò non avviene accade inevitabilmente il caos del quale hai parlato tu e l'obbligo dello Stato di intervenire finanziariamente per salvare i risparmi di milioni di cittadini! (Come, purtroppo, è già accaduto).
Quindi, tornare indietro? Direi che è impossibile, ma riqualificare il ruolo e la professionalita' del sistema bancario e delle risorse umane delle quali il sistema stesso si avvale sarebbe fondamentale per garantire il futuro dei risparmiatori e delle imprese.

Buongiorno Marco, anzitutto spero che tu stia benissimo!!!
Leggo sempre con interesse i tuoi articoli che trovano quasi sempre la mia modesta approvazione.
Nell'ultimo però, e cioè quello intitolato "Questa volta sarà diverso", ritengo che tu abbia veramente centrato l'argomento e, soprattutto, la causa principale degli ultimi crack bancari: l'incapacità gestionale degli amministratori delle banche dediti prevalentemente a "cullare" i propri interessi (ultimo, ma non credo che sarà l'ultimo, il caso Orcel che potrà arrivare ad accumulare qualche milioncino in più.....) invece che gestire con professionalità gli istituti da loro diretti. Il "mismatch" sulle scadenze, da te perfettamente descritto, rappresenta infatti la base per una efficiente gestione bancaria , un po' come la diversificazione sul portafoglio di un investitore. Ormai, scendendo nel piccolo, è sotto gli occhi di tutti l'inefficienza del sistema bancario che invece di essere il volano del sistema economico è costretto a fare i conti con il contenimento dei costi, soprattutto del personale non più ritenuto come risorsa ad alto potenziale o valore aggiunto, ma esclusivamente "carne da macello" con il risultato per la clientela, anch'essa ormai ridotta ad un puro numero, a non avere più risposte adeguate o, addirittura, non averne per niente! (Hai mai provato a chiamare qualche filiale di Unicredit?)
Non apro poi il discorso sulle società di Rating che mi viene da definire come "l'astrologo di Brozzi" (ti ricordi la Artur Andersen?!).
Non vado oltre perché altrimenti mi dai del....Vecchio!!!!
Ti mando un caro saluto ed un grazie per il tempo che ci dedichi!!!
Gianni Rabissi

Ciao Marco
leggo con estremo interesse il tuo articolo sull'Artificial Intelligence, ma, non ti nascondo, anche con una sensazione di paura.
Quanto sopra non certo per "sudditanza" verso una macchina, quanto perché, trattandosi appunto di macchina dotata di intelligenza, temo che, prima o poi, possa superare l'intelligenza dell'uomo il quale, forse, potrebbe trovarsi impotente di fronte ad essa. ed a ciò che essa stessa potrebbe...combinare.
In sostanza ho paura che non possa ripetersi, tra l'uomo e la macchina, la scenetta comica di un ns. conoscente che, da diciottenne dei ns. tempi, si sentiva di avere il mondo ai piedi e disse, con tono arrogante, al padre che non voleva scucire dei soldi (il padre era medico e fu il primo 2 metri a Siena!!): tu mi hai fatto e mi mantieni!!!
E il padre, molto arrabbiato, rispose dicendogli: no, io ti ho fatto ed ora ti "disfò"!!! Ovviamente non gli fu difficile, vista la stazza fisica, appiccicargli due cazzotti in faccia che rimasero ben visibili per alcuni giorni, modellando così l'eccessiva esuberanza del figlio medesimo.
Mi pongo poi un'altra domanda e, cioè, cosa ne sarà dei ns. cervelli se, per ogni e qualsiasi difficoltà che potremo incontrare, grande o piccola, invece di ingegnarsi su come superarla e risolverla, sarà semplicemente sufficiente rivolgersi al robot?
Alessandro Manzoni sosteneva alacremente che i proverbi erano la saggezza dei popoli ed uno di essi recita:
- chi ragiona con il cervello degli altri il suo se lo può friggere!!!!!
Dico quindi.......meditate gente, meditate.......
Un caro saluto!!!
Gianni

Ciao Marco
Scrivo riferimento al tuo ultimo articolo intitolato "Non lo fo per piacere mio" per (consentimelo) esternare uno sfogo personale, ma che credo possa essere condiviso da tanti.
Ho infatti i....maroni pieni di questi continui riferimenti al fascismo che è morto e sepolto da 80 anni e che vengono ormai quotidianamente reiterati da chi non ha un seppur minimo programma politico ed economico e, di fatto, non sa più cosa dire (a meno che non si voglia tener conto di quella manciata di stupidi che andarono a festeggiare il Centenario della marcia su Roma - stando alle stime ca. lo 0,001% del popolo italiano!!).
Se siamo.arrivati ai livelli attuali di debito pubblico, se siamo ritornati a dipendere dalla Germania (grazie Europa!!!) e se le famiglie italiane hanno difficoltà economiche a mettere al mondo più figli questo è, a mio modesto avviso, il risultato di 40 anni di politiche scellerate dove non siamo stati capaci ad andare al di là della punta del proprio naso nonostante manovre finanziarie che ci hanno svenato senza dare risultati tangibili (ma ti ricordi la manovra Amato del 1992 di 90.000 miliardi di.lire durante la quale vennero messe le mani sui c.c. degli italiani?).
Soluzioni? Trasmettere sempre più partite di calcio in TV in modo da distogliere le attenzioni dai problemi veri. E meno male che una parte dei soldi del PNRR non sono stati destinati agli stadi di Firenze e Venezia!!!!!
Morale della favola da essere il paese più bello dove tutti vorrebbero abitare ci ritroviamo a vedere costretti molti giovani capaci e promettenti ad emigrare all'estero mentre noi "vecchiarelli" non sappiamo se, dopo una vita di lavoro (il 1'giugno farò 43 anni!!!), potremo contare su una meritata pensione fino al giorno in cui passeremo a "miglior vita!!!"
Che futuro ci aspetta???
"Chissà chi lo sa?" Come si intitolava il meraviglioso programma televisivo di quando "tutto era bello" (fine anni 60) e presentato da Febo Conti!!!!!
Un caro saluto!!!!!
Gianni Rabissi

Ciao Marco
Scrivo riferimento al tuo ultimo articolo intitolato "Non lo fo per piacere mio" per (consentimelo) esternare uno sfogo personale, ma che credo possa essere condiviso da tanti.
Ho infatti i....maroni pieni di questi continui riferimenti al fascismo che è morto e sepolto da 80 anni e che vengono ormai quotidianamente reiterati da chi non ha un seppur minimo programma politico ed economico e, di fatto, non sa più cosa dire (a meno che non si voglia tener conto di quella manciata di stupidi che andarono a festeggiare il Centenario della marcia su Roma - stando alle stime ca. lo 0,001% del popolo italiano!!).
Se siamo.arrivati ai livelli attuali di debito pubblico, se siamo ritornati a dipendere dalla Germania (grazie Europa!!!) e se le famiglie italiane hanno difficoltà economiche a mettere al mondo più figli questo è, a mio modesto avviso, il risultato di 40 anni di politiche scellerate dove non siamo stati capaci ad andare al di là della punta del proprio naso nonostante manovre finanziarie che ci hanno svenato senza dare risultati tangibili (ma ti ricordi la manovra Amato del 1992 di 90.000 miliardi di.lire durante la quale vennero messe le mani sui c.c. degli italiani?).
Soluzioni? Trasmettere sempre più partite di calcio in TV in modo da distogliere le attenzioni dai problemi veri. E meno male che una parte dei soldi del PNRR non sono stati destinati agli stadi di Firenze e Venezia!!!!!
Morale della favola da essere il paese più bello dove tutti vorrebbero abitare ci ritroviamo a vedere costretti molti giovani capaci e promettenti ad emigrare all'estero mentre noi "vecchiarelli" non sappiamo se, dopo una vita di lavoro (il 1'giugno farò 43 anni!!!), potremo contare su una meritata pensione fino al giorno in cui passeremo a "miglior vita!!!"
Che futuro ci aspetta???
"Chissà chi lo sa?" Come si intitolava il meraviglioso programma televisivo di quando "tutto era bello" (fine anni 60) e presentato da Febo Conti!!!!!
Un caro saluto!!!!!
Gianni Rabissi