Poco IM e molto PRENDITORI

Poco IM e molto PRENDITORI

Mer, 06/09/2021 - 16:20
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Con la vicenda dei vaccini le big pharma hanno investito risorse pubbliche ma privatizzato gli enormi profitti

.big pharma

Un grande manager degli anni passati era solito affermare, in camera caritatis, che la parola “imprenditore” era composta da poco im- e molto prenditore, volendo sottolineare con una punta di elegante cattiveria che i capitani d’industria erano sempre alla ricerca di contributi e agevolazioni da parte della Pubblica Amministrazione, con i quali finanziavano gli investimenti più rischiosi e rilevanti e spesso cercavano di porre a carico della collettività oneri e perdite quando la crisi imponeva alti costi sociali.

Come dire: pubblicizziamo costi e perdite ma lasciamo privati profitti e ricavi. Una strada imboccata e percorsa con grande successo dall’industria farmaceutica, in particolare quella dei vaccini, in questi ultimi due anni infestati dalla pandemia. Con una differenza non da poco: mentre un tempo questo accadeva nel settore manifatturiero e riguardava solo alcune grandi imprese, chiudendosi poi nel circuito contabile spesa pubblica-aumento del debito-trasferimenti alle imprese, oggi l’emergenza mondiale e il pericolo diffuso, la paura di un nemico invisibile ma molto potente e l’urgenza di trovare un rimedio efficace per debellare il virus, hanno acceso tutti i riflettori sull’attività di ricerca nel campo dei vaccini.

.pillole

E l’industria, va detto, è stata sorprendentemente efficace nel trovare soluzioni rapide e renderle disponibili al mercato. In pochi mesi (pochi rispetto ai tempi “canonici” per lo sviluppo) sono stati sintetizzati i primi vaccini per il coronavirus ed è iniziata la somministrazione su vasta scala, con obiettivo – già raggiunto in alcuni paesi e auspicabilmente vicino in molti altri, fra cui il nostro – della cosiddetta ”immunità di gregge”.

Questo risultato è stato reso possibile dall’enorme mole di risorse mobilitate: nel solo anno 2020 sono state stimate in 93 miliardi di dollari, di provenienza quasi integralmente pubblica, di cui 88 a favore della produzione (destinate in prevalenza al pre-acquisto delle dosi) e il resto alla ricerca.

Questo fiume di denaro ha ovviamente cambiato connotati e fisionomia del settore farmaceutico: aziende un tempo conosciute solo dagli addetti ai lavori o dagli analisti finanziari - come Pfizer, Astrazeneca, Moderna - sono ora al centro delle discussioni a ogni livello, dai bar ai profili dei social network.

.ricerca sul cancro

Altre, invece, di grande tradizione e di dimensioni gigantesche, sembrano sparite dai monitor di osservatori e giornali: Sanofi, Glaxo, Merk, Roche, Novartis. In effetti il focus della ricerca delle big pharma, fino all’avvento del Covid, era la cura del cancro e delle malattie neuro-degenerative, in primo luogo l’Alzheimer, ed è comunque ben difficile spostare direzione e senso di marcia di questi transatlantici.

Sono stati invece premiati vascelli più agili, e con capitani più visionari o forse solamente più fortunati: BioNTech di Mainz e Moderna nel Massachusetts. A loro si deve l’intuizione formidabile dell’uso del Rna messaggero (mRna), che certamente verrà utilizzata per diverse altre applicazioni. Astrazeneca e Johnson&Johnson si sono mossi invece su un sentiero più tradizionale, utilizzando l’adenovirus delle scimmie per inoculare dosi depotenziate di virus nei vaccinati.

.scimmie

E i risultati in termini economici per le società coinvolte parlano da soli: BioNTech è cresciuta del 190%, Moderna dell’850%, mentre GSK, MercK e Sanofi hanno perso dal 13 al 30% nel corso del 2020[1].

Si tratta naturalmente di aziende molto diverse, sia nelle vicende e nelle tappe che hanno portato allo strepitoso successo, sia nei comportamenti dei loro fondatori, manager e principali azionisti.

Da un lato infatti il Ceo di BioNTech Ugur Sahin non ha venduto una singola azione della società che ha fondato e, pur essendo oggi ricchissimo, mantiene un profilo relativamente basso e fondamentalmente accademico. Si narra che viva in un modesto appartamento di Mainz, vada al lavoro in bicicletta e non possieda neanche un’automobile. Basta vedere il suo profilo Linkedin, nel quale si presenta come “Professore di Oncologia e Immunologia al Centro Medico Universitario di Mainz”.

Dall’altro, i suoi più spregiudicati colleghi che hanno invece colto prontamente l’attimo e sono corsi a liquidare le loro azioni sul mercato, tanto da sollevare legittime interrogazioni al Senato USA con la proposta di un periodo di “cooling off[2] di un semestre, o almeno fino a quando i programmi di sviluppo presentati al mercato non siano consolidati.

Di questo parleremo nel prossimo articolo, con focus sulla filosofia alla base della ricerca di BioNTech, finalizzato a personalizzare il trattamento per ogni singolo paziente. Finalmente un approccio che pone al centro dell’indagine non la malattia, ma l’uomo, anche secondo i saggi insegnamenti della medicina orientale.

Non si può quindi affermare che tutta la grande industria farmaceutica abbia raccolto profitti a mani basse dall’enorme diffusione del virus: alcuni hanno guadagnato moltissimo (Pfizer aveva un budget di ricavi di 15 miliardi di dollari nel 2020 e ha chiuso l’esercizio con 45; Moderna è passata dai 55 milioni di dollari di fatturato del 2019 ai 16 miliardi previsti per quest’anno); altri ne sono stati toccati marginalmente.

.industria farmaceutica

Di certo però questi risultati non sarebbero stati raggiunti senza il generoso contributo della mano pubblica e non ha tutti i torti papa Francesco quando chiede a gran voce la rinuncia ai benefici dei brevetti per consentire a tutte le popolazioni di combattere la pandemia, né il premier Mario Draghi quando richiede alle imprese uno sforzo di solidarietà in vista del bene comune.

Togliere valore legale ai brevetti non è una buona soluzione perché certamente renderebbe meno conveniente e disincentiverebbe lo sviluppo ulteriore della ricerca scientifica, di cui invece c’è grande e continuo bisogno. Del resto, se la vita media è passata dai 48 anni del 1950 ai valori odierni, in gran parte è proprio per merito della ricerca.

.sforzi comuni

Tuttavia, vedere profitti privati così ingenti realizzati da azionisti e manager grazie a risorse pubbliche è sicuramente qualcosa che stride con il senso comune di equità e di giustizia.

 

 

 

 

[1] Dati ripresi dal brillante articolo di Stefano Cingolani “La Guerra Fredda dei Vaccini”, nel “Foglio Quotidiano” di sabato 15 maggio, dove è riportata una dettagliata e completa disamina degli effetti della pandemia sull’industria farmaceutica.

[2] Periodo di raffreddamento, durante il quale ai manager e proprietari di aziende collocate in borsa non è consentito vendere le azioni di loro proprietà, a tutela dei potenziali acquirenti almeno durante il periodo in cui i piani promessi non hanno mostrato i primi effetti