PIÚ SIAMO MEGLIO STIAMO (O NO?)
Economia e finanza alla prova delle dinamiche demografiche
La notizia che gli abitanti del pianeta hanno toccato la cifra di 7 miliardi è di quelle che difficilmente lasciano indifferenti, come la previsione che entro il 2050 aumenteranno di un altro 30% raggiungendo i 9 miliardi. A parte le incertezze sulla correttezza del numero e sulle sue modalità statistiche di calcolo, e supponendo che sia giusto, il dato quantitativo in sé dice ben poco se non è integrato da elementi chiave quale la distribuzione geografica, la composizione per genere, età, livello di istruzione e così via.
Certo è che gli abitanti della Terra sono in continua crescita, al contrario delle risorse che notoriamente non sono espandibili all’infinito, anche se migliorano le tecniche di coltivazione, produzione e trasformazione. Tenuto conto che già da tempo un’enorme parte della popolazione mondiale si trova in condizioni di indigenza è ragionevole attendersi che la povertà e la fame crescano ancora al crescere del numero di persone che si possono dividere le risorse, a prescindere dalle problematiche sul cambiamento climatico, che rischia di rendere il nostro pianeta ancora meno ospitale.
Il tema è complesso e ha diversi angoli di osservazione. Il nostro è quello economico e finanziario e perciò cerchiamo di vedere quali sono gli elementi delle dinamiche demografiche che hanno effetti sull’economia mondiale e quali potrebbero essere questi effetti, ovviamente con particolare riferimento al nostro paese.
Le persone non sono solo bocche da sfamare e agenti inquinanti, ma anche forza lavoro, determinanti delle funzioni chiave dell’economia: consumo, produzione, investimento. In passato, grazie anche a radicate ideologie di matrice religiosa (ogni nuovo nato è un dono di Dio e la vita ha sempre valore in sé), la crescita demografica è sempre stata considerata un evento positivo, suscettibile di aumentare – attraverso la domanda – la ricchezza e il benessere mondiale. Questo purtroppo non sempre è vero, in quanto è necessario prendere in considerazione altri elementi fondamentali: la distribuzione della ricchezza, la struttura produttiva, l’invecchiamento, l’evoluzione dei bisogni, i flussi migratori, l’inquinamento che la sovrappopolazione comporta.
La Cina, ad esempio, che fino a qualche decennio fa aveva imposto limiti alla procreazione e controllo delle nascite al fine di rallentare la crescita della popolazione, oggi è preoccupata dell’esatto contrario, ovvero della sua diminuzione, come nel mondo occidentale.
Guardando al nostro paese, in particolare, e prendendo spunto dalla recente pubblicazione del Rapporto Annuale Censis 2022, rileviamo che nel decennio 2012-2022 la popolazione in fascia di età fra 15 e 34 anni è diminuita del 7,6%; quella fra 35 e 49 anni del 14,8%; quella fra 50 e 64 anni è invece aumentata del 40% e quella oltre i 65 anni di ben il 68,9%. Tutto questo in un quadro complessivo che ha visto gli abitanti del nostro paese, nello stesso decennio, diminuire da 59,4 a 58,9 milioni.
È quindi evidente che, con l’aumento della longevità e il calo della natalità, la nostra popolazione sta rapidamente invecchiando: gli ultrasessantacinquenni, oggi intorno al 23,5% del totale, saranno ben il 33% nel 2050, una quota che il resto del mondo raggiungerà solo a fine secolo. In effetti siamo stati il primo paese in cui gli under 15 sono meno degli over 65 e questo – riducendo la quota di lavoratori giovani - provoca una serie di squilibri sulla capacità di produrre ricchezza e sul sistema di welfare, ma anche sui consumi.
Ci soffermiamo in questo editoriale sul primo di questi due macro-effetti demografici dell’invecchiamento della popolazione italiana, ovvero i riflessi che si verificano su sanità e welfare; la prossima settimana ci occuperemo nel dettaglio di come si modificano i consumi permanenti delle famiglie e i relativi mercati[1].
L’attuale livello di spese sociali per pensioni e assistenza – per certi versi già insufficiente a garantire un livello di vita decoroso a molte persone - sarà ben difficilmente sostenibile.
La pressione sui conti pubblici da un lato e l’aumento del fabbisogno per cure e assistenza determina – oltre alla riduzione del livello dei servizi e degli investimenti pubblici - la crescita della spesa privata, e questo produce, in un contesto di reddito lordo calante o stazionario, un minor risparmio e una riduzione della ricchezza disponibile.
La crescita dell’incidenza degli anziani ovviamente significa più spesa sanitaria, visto che la spesa sanitaria per persona cresce molto fortemente con l’età. Il costo non è solo quello medico in senso stretto ma anche di sostegno e accompagnamento per persone diventate fragili o non più autosufficienti, coinvolgendo non solo ospedali, cliniche, e case di riposo, ma anche badanti private e assistenza domiciliare di vario tipo.
Da un lato chiudono i centri di minori dimensioni nell’ambito di una continua politica di razionalizzazione, concentrazione delle risorse su di un minor numero di ospedali più grandi e in grado di offrire l’insieme dei servizi sanitari necessari, riducendo posti letto e tempi di degenza, puntando sul day hospital. Dall’altro si sta creando una scarsità di medici, a seguito di decenni di numero chiuso nelle facoltà mediche rispetto agli aspiranti professionisti sanitari. Il blocco delle assunzioni pubbliche per anni e l’ondata di pensionamenti produce una carenza di medici di famiglia e carichi di lavoro straordinari per il personale di tutte le strutture sanitarie.
In questo quadro evolutivo, è ragionevole attendersi che il settore farmaceutico, quello delle biotecnologie, della ricerca biomedica, dei servizi crescano relativamente più degli altri. Anche il settore assicurativo vedrà probabilmente un incremento delle polizze sanitarie e dei prodotti previdenziali, e il risparmio subirà rilevanti modifiche sia quantitative che qualitative.
La prossima settimana vedremo cosa succederà per consumi e investimenti.
[1] Molti dei dati e delle considerazioni di questo editoriale e del prossimo sono tratti dall’interessante articolo di Luca Einaudi sulla rivista “Aspenia online” (si veda su https://aspeniaonline.it/leffetto-della-demografia-sui-consumi/).
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