TRAPPOLE E TRAPPOLONI

TRAPPOLE E TRAPPOLONI

Mer, 11/15/2023 - 22:14
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Il divario fra ricchi e poveri è ancora troppo ampio, ma non è aumentato in seguito al Covid: lo dice l’Istat

.trappola bitcoin

Tutti ricorderanno l’eroico ed esultante esercito del “Governo del cambiamento” che da un terrazzo romano festeggiava nel 2020 la sconfitta della povertà, grazie all’introduzione nel nostro sistema del reddito di cittadinanza. Di questa discussa misura ci siamo occupati nel dettaglio (si veda  https://www.marcoparlangeli.com/2018/10/09/reddito-di-cittadinanza-cose-a-cosa-serve-ma-soprattuttosi-puo-fare-in-italia ); basti qui constatare come, a tre anni di distanza, l’unico concreto risultato è stato la diffusa carenza di manodopera in fabbriche, alberghi, ristoranti, agricoltura e così via. Purtroppo i danni di quella stagione impiegheranno diversi anni per essere assorbiti dalle nostre malandate finanze pubbliche, come il “buco” lasciato dal superbonus, che solo nella manovra economica di quest’anno peserà per oltre 90 miliardi di Euro.

Ma non è di questo che vogliamo parlare, piuttosto della “povertà”, perché le ultime statistiche pubblicate dall’Istat[1] ci parlano di un paese in cui il divario fra ricchi e poveri, comunque intollerabile per una civiltà evoluta, è rimasto pressoché identico fra il 2019 e oggi, nonostante l’impatto della pandemia. Rispetto al senso comune che ritiene questo gap in continua crescita, i numeri ci confermano che le fasce più deboli della popolazione in questi anni sono state sufficientemente tutelate. E questo grazie ai trasferimenti sociali erogati a vario titolo dai Governi che si sono succeduti, incluso ovviamente il tanto contestato reddito di cittadinanza.

.povertà

La riduzione dei redditi da lavoro dipendente e autonomo, e delle rendite di capitale, è stata infatti compensata sia dai trasferimenti monetari a titolo di welfare e assistenza, sia dalle minori imposte e contributi pagati, in modo tale che il reddito disponibile medio per i cittadini è stato sostanzialmente difeso.

A questo riguardo, è utile parlare della cosiddetta “trappola della povertà”, che contribuisce a spiegare la dinamica sopra esposta. Questa situazione si verifica quando le persone con redditi bassi non sono incentivate a cercare un’occupazione perché il reddito addizionale verrebbe comunque compensato dalla perdita di trasferimenti, sgravi, benefici diversi (quali ad esempio le rette per gli asili nido o l’esenzione dai ticket sanitari) in modo tale da lasciare praticamente invariata, se non vedere peggiorata, la loro situazione economica familiare.

Come tutte le statistiche, anche questa ci dice però solo una parte di verità, perché, misurando la povertà in termini di ISEE, ad essa sfuggono tutte quelle situazioni che non sono registrate e che, nel complesso, rientrano nel concetto di “lavoro nero”. In tal caso, come è ovvio, l’indebolimento dello stato sociale è duplice: da un lato si usufruisce di benefici che magari non spetterebbero, e dall’altro si evadono imposte e contributi che potrebbero contribuire a finanziarlo.

.statistiche

In effetti l’attuale livello di tutela è difficilmente sostenibile in futuro, poiché la base attiva della popolazione, quella che contribuisce con le imposte pagate al finanziamento della spesa pubblica, è in continua erosione, tanto che il 49% dei contribuenti risulterebbe senza alcun reddito. Come l’esercito dei giovani cosiddetti “Neet” (not in education, employment or training), ovvero quelli che non hanno lavoro né lo cercano.

Anche lo squilibrio territoriale, sempre in termini di povertà, non risulterebbe aumentato, nel senso che le regioni meridionali, pur nettamente svantaggiate, non hanno visto negli ultimi due anni peggiorare il loro divario col nord più ricco. Ciò non è dovuto tanto ad un auspicabile miglioramento del Sud, quanto a un peggioramento del Nord, in un allineamento al ribasso.

Le situazioni di squilibrio, più che a livello geografico, riflettono la classificazione per età, sesso e cittadinanza: sono i minori, gli immigrati e le donne che presentano i maggiori svantaggi e gradualmente tendono a scivolare nelle aree di povertà.

.welfare state

Lo stato assistenziale, pur in questi due anni di difficoltà imposte dalla pandemia, ha quindi avuto un’importante funzione di tutela delle fasce più deboli e non ha impedito di recuperare, in termini di reddito nazionale, le posizioni perdute del 2021 con un forte recupero nel 2022; i conti per l’anno in corso evidenziano invece un sensibile peggioramento rispetto sia all’anno precedente che alle previsioni, ma - come si diceva - nonostante questo, il divario fra fasce di popolazione abbienti e fasce deboli non si è ulteriormente allargato, forse proprio per effetto della “trappola della povertà”.

È evidente che dovrebbe cambiare la metodologia di realizzazione del Welfare State: meno incentrata su assistenzialismo, mance e sussidi e più sull’incentivazione a cercare lavoro, a intraprendere e a lanciarsi in nuove attività. Dunque, l’epoca del reddito di cittadinanza erga omnes dovrebbe essere definitivamente conclusa. Anche perché altrimenti i nostri conti rischiano seriamente di saltare, come dimostrano le difficoltà del Ministro Giorgetti a chiudere la legge di bilancio di quest’anno.

 

 

 

 

 

 

[1] Si veda a questo proposito il “Report sulla povertà 2022” pubblicato dall’Istat il 25/10/2023, consultabile in   https://www.istat.it/it/files//2023/10/REPORT-POVERTA-2022.pdf