LO STATO DELL’ARTE

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Mer, 02/14/2024 - 20:14
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Facciamo il punto della situazione dell’economia e dei mercati, in vista della revisione dell’asset allocation strategica

.stato dell'arte

Passate le feste, passato anche il mese di gennaio che tradizionalmente e statisticamente è amico degli investitori, usciti anche quasi tutti i risultati annuali delle società quotate con le relative distribuzioni di dividendi, è ora il tempo di fare il punto della situazione. Per chi segue le nostre indicazioni, è questo il tempo giusto per rivedere l’asset allocation strategica del portafoglio. Soprattutto, è tempo di sottoporre a un primo check le previsioni che avevamo fatto in passato per l’anno in corso al fine di adeguare la nostra esposizione.

Partiamo dunque dal fenomeno che più ci ha occupato fino ad ora, e cioè l’inflazione. Rispetto a un anno fa, il panorama è completamente cambiato, in senso positivo. Negli USA, ma anche da noi in Europa, siamo ormai in vista del traguardo del 2%, ma soprattutto il sentiment del mercato è che il problema sia ormai risolto. E sappiamo quanto sono importanti le aspettative per influenzare i comportamenti, che a loro volta possono indurre aumento o controllo dei prezzi.

stato dell'arte 2

Un inciso è però importante. L’esperienza di questi mesi si può definire in un certo senso schizofrenica: da una parte i dati e le statistiche ufficiali, dall’altra la percezione dei consumatori. Da un lato, ad esempio, vediamo il costo di un pieno di benzina più o meno al livello di un paio di anni fa e anche le materie prime e l’energia sono tornate tutto sommato sui livelli pre-crisi (anche se le bollette, dopo essere cresciute in modo stratosferico, sono invece rimaste a quei livelli, ma questo è un altro discorso). Dall’altro, una serie di beni (come la verdura) o di servizi (come ad esempio trattamenti sanitari, polizze assicurative e commissioni bancarie) sono molto più costosi di prima e non accennano certo a diminuire.

Non solo: poiché le retribuzioni sono cresciute poco o niente, e comunque sicuramente meno dell’inflazione, il potere di acquisto dei salari è sensibilmente diminuito.

Partiamo da questo: la crescita dei prezzi è rallentata ma i consumi sono bassi. Visto dalla parte del bicchiere mezzo pieno, questo vuol dire che le banche centrali - che ancora non hanno avviato la tanto sospirata riduzione dei tassi – hanno un notevole margine di manovra in caso di recessione o anche solo di rallentamento. Visto invece dalla parte del bicchiere mezzo vuoto, ciò evidenzia un’ulteriore perdita di livello di benessere per la classe media e una distorsione distributiva a favore di profitti e rendite (dati gli aumenti dei tassi di interessi) e a scapito del lavoro.

Del resto, è significativo il monito del Governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta all’ultimo congresso di Assiom Forex: alzare i salari per sostenere i consumi. Dato che siamo abbastanza vicini ai livelli di massima occupazione, l’ambiente economico sembra favorevole a un’evoluzione di questo genere, senza che ci sia una ripresa dell’inflazione.

.inflazione

Con queste premesse, è molto difficile ritenere che le autorità monetarie continuino a tenere la briglia corta ai mercati. Certamente non sarà a marzo, come alcuni speravano, ma possiamo dare per scontato che all’inizio dell’estate un quarto di punto dei tassi di interessi venga abbattuto, ed è molto probabile che fino alla fine dell’anno almeno altri due interventi del genere abbiano luogo, con soddisfazione degli investitori.

E anche qui dobbiamo citare il neo-Governatore di Bankit che ha messo (la BCE) in guardia dal rischio che non fare una piccola riduzione di tassi ora può obbligare a farne una molto grande in seguito. Parole sagge e condivisibili.

Dal punto di vista dell’andamento gestionale delle società quotate, quasi tutte le blue-chips tecnologiche USA hanno licenziato buoni risultati, in alcuni casi preannunciando buy-back[1] o pingui dividendi, decisioni entrambe molto gradite ai mercati. Per non parlare delle banche che, come di consueto, vedono i propri profitti impennarsi quando i tassi aumentano.

Conseguenza tangibile di quanto detto sopra, è la buona salute dei mercati azionari, che stanno crescendo da almeno 15 mesi e non accennano a fermarsi. Ed è una crescita non solo di prezzi, ma anche di volumi: sembrano proprio tornati a comprare gli investitori retail (ovvero i piccoli risparmiatori e le famiglie) e i fondi di investimento: situazione ben diversa da quella in cui prezzi dei titoli e indici salgono ma grazie a mercati sottili e spinti soprattutto dalla speculazione e dalle opzioni.

Tutto bene madama la marchesa, allora? Bene sì, ma con qualche caveat.

Intanto la crescita della volatilità, che rappresenta una buona opportunità di guadagno per gli investitori professionali, ma anche un rischio per i piccoli operatori.

.crisi geopolitica

Non va poi trascurata la spada di Damocle rappresentata dalla situazione geopolitica, fino ad ora sostanzialmente ignorata dai mercati, grazie anche al (pur precario) contenimento delle crisi a livello locale. È però evidente che le varie situazioni di pericolo - sia in Europa con la guerra russo-ucraina, sia in Medio Oriente dopo lo scempio del 7 ottobre, sia in Asia con la polveriera di Taiwan – sono estremamente precarie e possono allargarsi e infiammarsi in tempi anche molto brevi. E l’economia dei diversi sistemi, in tal caso, ne risentirebbe inevitabilmente, come il sostanziale blocco del canale di Suez ad opera dei filoiraniani Houthi ha ampiamente dimostrato.

.bolla

Infine, last but not least come direbbero gli inglesi, il rischio bolla che diventa tanto più incombente quanto più i mercati salgono: più in alto si sale e più ci si fa male quanto si cade. A differenza del passato, infatti, il valore delle attività finanziarie, come si è visto, è già cresciuto molto, soprattutto in America dove multipli prezzo/utili oltre livelli già impensabili fino a pochi anni fa causano una sempre maggiore distanza fra valore economico delle società quotate e prezzi dei titoli.

A questo punto, però, con i tassi che auspicabilmente inizieranno a calare, anche il mercato obbligazionario potrà rappresentare una buona opzione per i risparmiatori. Di questo, dunque, torneremo presto a parlare.

 

[1] L’operazione di buy back consiste nel riacquisto di azione proprie da parte di una società quotata. Questo comporta la riduzione delle azioni effettive in circolazione con conseguente aumento – a parità di reddito – degli utili per azione e quindi, in prospettiva, della quotazione. Inoltre l’acquisto fa aumentare la domanda e quindi, direttamente, le stesse quotazioni.