LA FIDUCIA È UNA COSA SERIA
Il rapporto del Censis sulla società italiana nel 2025

Uno spot pubblicitario del secolo scorso, che i lettori con qualche capello bianco sicuramente ricorderanno, recitava “la fiducia è una cosa seria, e si dá alle cose serie”. La réclame ci è tornata in mente leggendo l’ultimo rapporto Censis “La società italiana nel 2025”, la cui cifra caratteristica sembra essere proprio quella della fiducia. O per meglio dire della mancanza di fiducia, dato che il 72% del campione non crede più ai partiti, né ai leader politici né al Parlamento; il 62% crede che l’Unione Europea abbia un ruolo non decisivo ma marginale nelle partite globali. D’altra parte, ben il 12,8% esprime invece fiducia in Putin, il 12,4% in Orban, l’11% in Erdogan, il 16,3% in Trump e persino il 13,9% in Xi Jinping.
Come dire, l’Italia di oggi si mostra indifferente e insofferente alla politica, forse stanca della democrazia ed affascinata dalle autocrazie.
Sappiamo bene che sondaggi e interviste di natura sociologica vanno sempre presi con le molle; ciò non di meno quello che scrive il Censis non può non preoccupare, e non solo da un punto di vista economico, dove pure i motivi per guardare al futuro con apprensione non mancano. Andiamo quindi a vedere più in dettaglio.

Secondo il Censis, quella che stiamo vivendo è un’età selvaggia, “del ferro e del fuoco”, preda di “pulsioni antropologiche profonde”. Al netto dell’enfasi usata per attirare l’attenzione, si deve riconoscere che l’avvertimento dell’Istituto riflette l’esperienza quotidiana di una nazione che non ha fiducia nella capacità delle istituzioni di garantire bisogni primari quali lavoro, salute, sicurezza e quindi sempre più attratta dalla deriva autoritaria e forse pronta a barattare libertà e democrazia con protezione ed efficienza.
Per i boomers cresciuti negli anni ’80 all’ombra di Camelot e del mito americano, la democrazia è data per scontata: ci sono nati e non la considerano qualcosa per cui valga la pena lottare. Per la generazione precedente, che ha contribuito a costruirla, è al contrario una conquista irrinunciabile.

Il modello occidentale è chiaramente in regressione, sicuramente debole e dotato di scarso appeal per gli Italiani, o almeno per il campione intervistato dal Censis. Sarà per effetto della guerra, che ora sentiamo più vicina e che forse proietta la sua ombra minacciosa, ma forse siamo davvero entrati nell’era dei predatori e delle prede, nella quale vince l’aggressività e la forza e dove tutto sembra regredire all’età selvaggia. E non stiamo parlando del mitico “buon selvaggio” di Rousseau, ma proprio del primitivo feroce e bestiale.
La nostra società si sta avvitando sempre più su se stessa, vittima di un impoverimento e di un’ignoranza che hanno ristretto i confini mentali e culturali. In 15 anni, dal 1° trimestre 2011 al 1° trimestre 2025, la ricchezza delle famiglie è diminuita dell’8,5%. Chi ha perso di più è palesemente il ceto medio, un tempo motore di sviluppo e di crescita.
La ricchezza è sempre più concentrata: il 60% della ricchezza complessiva è in mano a 2,6 milioni di famiglie.
E il timore per il debito pubblico è crescente: riduce drasticamente lo spazio per gli investimenti per la crescita e il welfare.
Povertà e ignoranza in sensibile aumento sono le cifre dell’Italia di questi anni: come meravigliarsi se si generano paure e bisogno di protezione o rassicurazione? E si torna alla sfiducia di cui si parlava all’inizio. Sfiducia nel sistema sanitario e nel welfare, che lo Stato è percepito non più in grado di fornire.
Paura del futuro e dei diversi, compresi gli immigrati. Nei confronti dei quali l’atteggiamento è di favore se si tratta di utilizzarli in lavori pesanti o faticosi o nella cura di anziani e bambini, ma non fino al punto da ritenere giusta l’estensione a loro degli stessi diritti di cittadinanza degli italiani. Ma il 54% li percepisce come un pericolo per l’identità e la cultura nazionale; il 59% è convinto che un quartiere si degradi quando vi abitano molti immigrati; e solo il 37% consentirebbe loro l’accesso ai concorsi pubblici.

Tendenze che non sono esclusive del nostro paese, ma più o meno riflettono il sentiment prevalente di tutta la vecchia Europa; e questo può spiegare il crescente successo di movimenti e partiti politici sovranisti, antiimmigrati e reazionari in senso lato.
E poi siamo sempre più vecchi, ma questo già lo sapevamo: ben un quarto della popolazione (circa 15 milioni di persone) ha più di 65 anni. Nel 2000 erano il 18,1% (10,3 milioni), nel 1960 il 9,3% (poco più di 4 milioni e mezzo). E proprio i nonni sono diventati indispensabili per garantire aiuti economici a figli, nipoti o parenti.
Si potrebbe dire che gli Italiani si consolano col sesso: i rapporti fra le persone di 18-60 anni risultano molto frequenti per la maggior parte degli intervistati. Per questo la sintesi dei giornali, riferendo di questo rapporto, è stata: “Censis, italiano al microscopio: grande debito, fascino per gli autocrati e tanta voglia di sesso”.
Anche se questo genere di rapporti non vanno considerati come verità assoluta, e pur tenendo in considerazione la possibilità di errori statistici o di campionamento, il trend che ci viene presentato è sicuramente reale e rappresenta la direzione in cui ci stiamo muovendo. Non è una situazione disperata, ma certamente da non sottovalutare.
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