NON DI SOLO MONTE

NON DI SOLO MONTE

Ven, 10/03/2025 - 09:05
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Le Società che gravitano nell’orbita pubblica stanno facendo ottime performance in borsa

.libero mercato

Una volta si diceva: meno Stato più mercato. In termini generali si tratta di un giusto principio, il mantra del libero mercato. E in effetti i tempi delle partecipazioni statali - quando lo Stato, oltre a cantieri navali e ferrovie, produceva panettoni e colombe – sono definitivamente tramontati. Eppure, se guardiamo ai risultati degli ultimi cinque anni, all’incirca da quando la pandemia è entrata a gamba tesa nelle nostre vite, la performance delle società in mano pubblica è stata di tutto rispetto.

.utilities

Non si tratta solo di Monte dei Paschi di Siena, forse il dossier più spinoso (insieme all’ILVA di Taranto, tuttora non risolto) fra quelli ereditati da Giancarlo Giorgetti al Ministero dell’Economia. Ma anche di numerose realtà industriali di settori diversi quali Leonardo, Poste Italiane, le utilities (Eni, Terna e Enel), che hanno registrato incrementi di capitalizzazione di borsa di tutto rispetto, in genere superiori a quelli medi del mercato. E oltre alle capitalizzazioni (e quindi al prezzo dei rispettivi titoli) vanno anche considerati i dividendi distribuiti e le operazioni di buy-back[1], fattori di tutto rilievo nella valutazione globale della performance dei titoli. Anche perché i dividendi fanno un gran comodo a un bilancio come quello pubblico gravato da un debito molto rilevante.

.panettoni

Prendiamo Leonardo, forse il caso più eclatante. Nei cinque anni che vanno dal 31 dicembre 2020 al 31 luglio 2025, il suo prezzo di borsa è aumentato del 680%, come dire che il valore dell’azienda è stato moltiplicato per 6. In cinque anni niente male davvero, se si considera che l’indice FTSE-Mib, nello stesso periodo, ha evidenziato “solo” il 76% di crescita. Ma anche Fincantieri ha brillato (+ 250% nell’ultimo anno) e Poste Italiane (+126%), per non parlare del Monte dei Paschi di Siena, che dalla situazione di virtuale fallimento con l’applicazione della normativa bail-out[2], è riuscito a moltiplicare la capitalizzazione per 100, grazie anche al maxi-aumento di capitale del 2022. Le casse dello Stato non hanno ancora recuperato tutto l’investimento che è stato necessario per salvare la banca senese, ma certamente l’Istituto è stato artefice di una performance straordinaria, che l’ha portato a lanciare con successo un’offerta pubblica di scambio su Mediobanca, lo storico salotto buono della grande industria.

Certo, nel 2020 le banche non stavano passando un bel periodo: Unicredit, ad esempio, - che oggi consegue utili fra i 9 e i 10 miliardi all’anno - aveva chiuso l’esercizio in perdita di circa 2 miliardi per effetto di svalutazioni straordinarie e non ripetibili, e i tassi negli ultimi anni sono aumentati un bel po’: è noto che quando i tassi crescono, le banche godono. Ma questo non diminuisce l’incredibile performance della società di Piazza Gae Aulenti, notevolmente migliore di quelle dei suoi competitor continentali, nonostante le difficoltà strutturali di partenza del “sistema Italia”. Il risultato è che Unicredit, nei 5 anni post pandemia, ha aumentato la propria capitalizzazione di borsa del 466%.

Ma anche le aziende che vengono generalmente penalizzate da tassi in crescita, come le utilities[3] (essendo le loro azioni considerate alla stregua di bonds, in quanto legate a tariffe che non possono inseguire gli aumenti dei tassi di interesse e dell’inflazione, ma sono in qualche modo più costanti), si sono comportate piuttosto bene: negli ultimi 5 anni Eni ha visto la sua capitalizzazione aumentare del 129% e Terna +43%, mentre l’Enel solo dell’8%.

Bisogna riconoscere che il mercato premia il nuovo corso del governo italiano, che grazie alla maggiore stabilità e all’affidabilità certificata anche dalle società di rating e dalla riduzione dello spread dei titoli pubblici italiani rispetto a quelli tedeschi, ha consentito ai campioni nazionali di mettere a segno performance borsistiche di tutto rispetto, attirando evidentemente flussi di capitali anche dall’estero, in precedenza frenati dalle storiche carenze del nostro sistema.

Cos’, ad esempio, abbiamo visto Ferrari (considerata dal mercato come un titolo del lusso) crescere del 165% o Prysmian, una delle migliori imprese nel settore dei cavi e dei sistemi integrati per l’energia e le telecomunicazioni, del 233%.

.mps

La sfida che si apre ora per le nostre aziende è quella dell’introduzione dei dazi, che ha comportato un generale irrigidimento del commercio internazionale nei confronti di mercati tradizionalmente ricettivi quali quello degli Stati Uniti, proprio nel momento in cui – per i noti eventi geopolitici - un importante e promettente mercato quale quello russo (300 milioni di persone a poche ore di aereo dal nostro paese) ha visto chiudersi le porte per effetto dell’embargo.

Le aziende dell’orbita pubblica, che sono riuscite a superare brillantemente la crisi della pandemia e la storica diffidenza degli investitori verso il nostro paese, si trovano ora a dover affrontare una nuova e forse ancora più impegnativa prova di resilienza, che ha già visto vacillare sistemi economici di grande tradizione e importanza quali la Germania, la Francia e il Regno Unito. Auguriamoci che possano ancora resistere e uscirne più forti di prima.

 

 

 

 

 

 

 

 

[1] Per buy back si intende l’acquisto di azioni proprie da parte di una società che può avvenire entro determinati limiti quantitativi (da noi, ad esempio, il massimo acquistabile è il 10% del capitale sociale versato) e con procedure prestabilite. In tal modo la società stabilizza il prezzo del titolo e, puntando sul suo aumento, fornisce al mercato un chiaro segnale di fiducia. È l’intervento più efficace che una società con buoni risultati e solidità può porre in essere per favorire i propri azionisti e dare impulso alla quotazione del titolo.

 

[2] "bail out" significa salvataggio, e si riferisce all'intervento di un governo o di una banca centrale per fornire aiuto finanziario a un'azienda, una banca o un settore dell'economia in difficoltà, allo scopo di prevenire il fallimento e garantire la continuità delle attività. 

 

[3] In questo contesto, "utilities" significa: nel contesto delle aziende,  le imprese che forniscono servizi di pubblica utilità come elettricità, gas e acqua (chiamate anche utenze o servizi pubblici)