L’APPARENTE SCHIZOFRENIA DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE
Molti investitori cominciano a temere la bolla finanziaria dei titoli dell’AI, il cui valore è in crescita sostenuta da mesi.

La scorsa settimana sul mercato azionario USA si è verificato un evento solo apparentemente strano: gli attesissimi risultati trimestrali di Nvidia – il colosso USA dell’intelligenza artificiale (AI) e dei data center – sono stati ampiamente positivi, con utile netto di 19,3 miliardi di dollari, molto superiore alle aspettative degli analisti, e tuttavia il mercato ha reagito malissimo. Gli indici Standard&Poor500 e Nasdaq, che pure avevano aperto la giornata in rialzo, sono crollati rispettivamente del 3,5 e del 5%.
Ovvero: la società sicuramente più rappresentativa e più solida del settore, quella che ha la capitalizzazione più elevata nel mondo, pubblica risultati superiori alle attese, in termini di utile e fatturato, e gli investitori per tutta risposta ne vendono in massa i titoli, come quelli delle altre società dell’AI. Gli investitori sono improvvisamente impazziti? Certo che no, ovviamente; vediamo però di capire i motivi di questa apparente schizofrenia del mercato.
L’AI è stato indubbiamente il fattore determinante della crescita ormai pluriennale dell’economia USA: si calcola che da solo valga ben 400 miliardi dollari. Per il mercato, ha un impatto enorme, assimilabile a quello dell’automotive negli anni ’60 o dell’industria petrolifera negli ’80.

L’enorme e prolungata crescita degli indici di borsa dal dopo Covid a oggi, è stata in gran parte trainata proprio dai titoli dell’AI: è stato detto che questo settore spieghi da solo il 75/80% dell’andamento degli indici S&P500 e Nasdaq.
Proprio per questa crescita così forte, cominciano a farsi strada fra gli analisti, gli investitori e gli operatori di mercato giustificati timori che sia in arrivo uno scoppio della bolla, come è successo in passato quando si sono verificati incrementi dei valori delle attività finanziarie senza solide basi economiche e produttive.
In effetti, qualcuno ha cominciato a vedere i numeri in modo diverso: i forti investimenti che l’AI richiede e le risorse che assorbe sono così ingenti che ben difficilmente le aziende potranno recuperare sul cash flow quanto hanno investito. In altri termini, l’incremento di redditività che l’AI consente ( o più propriamente promette di consentire, perché finora se ne è visto ben poco) non sarà neanche lontanamente sufficiente ad ammortizzare i giganteschi investimenti e gli enormi costi di esercizio (basti pensare all’energia che richiede) che le imprese stanno sostenendo, se non in un periodo molto lungo, ammesso che le stesse imprese in questo periodo riescano a sopravvivere.

In questo senso, i risultati di Nvidia non fanno che avvicinare l’atteso momento del redde rationem. Inoltre, a ben guardare, gli stessi risultati sono per molti aspetti anche contraddittori: gli utili sono infatti considerati non stabili ma caratterizzati da volatilità (a fronte di 14,5 miliardi di dollari di cash flow operativo, gli utili netti sono stati di 19,3 miliardi[1]), i crediti commerciali sono cresciuti significativamente così come il magazzino della società[2].
La pratica del circular financing (quella con cui i giganti del settore, Nvidia e Microsoft per primi, finanziano i propri clienti e quindi la domanda dei propri prodotti) sta mostrando le prime crepe, in quanto molti richiedono ora di finanziare non tanto gli acquisti ma l’intero ciclo del loro cash-flow. E, come abbiamo visto, gli investimenti in AI da parte delle aziende vengono recuperati solo in tempi molto lunghi.
Intendiamoci: l’intelligenza artificiale è tutt’altro che finita, e non è affatto detto che ci sarà una bolla finanziaria devastante; molto probabilmente il mercato avrà solo bisogno di una bella dose di pulizia – eliminando gli operatori non efficienti -, di normalizzazione e di riallocazione in settori più tradizionali, che negli ultimi tempi hanno sofferto. Ma una buona dose di prudenza è comunque raccomandabile.
D’altra parte, dobbiamo essere preparati ad una presenza costante e per molti aspetti invasivi dell’AI nelle nostre vite. Anzi, per meglio dire, dovremmo imparare a difenderci dagli eccessi in cui l’uso distorto o l’abuso delle chat rischia di gettarci.

Abbiamo letto di bambini che si confidano con l’AI invece che coi genitori, in quanto di questi ultimi temono il giudizio, mentre lo schermo di un computer è certamente più rassicurante. Oppure di fedeli che hanno chiesto alle chat di AI di essere confessati: tutto sommato più comodo e meno imbarazzante che col sacerdote.
Per non parlare di pareri medici o legali, spesso forniti dalle chat incorrendo in errori e inesattezze (che sicuramente col tempo verranno limitati se non esclusi), ma soprattutto senza l’equilibrio, l’intuito e la sensibilità di professionisti esperti. Oppure dell’uso non controllato e non guidato correttamente dell’AI nelle attività scolastiche.
Come al solito, di fronte a innovazioni importanti, potenzialmente rivoluzionarie e in grado di cambiare le abitudini di tutti, l’atteggiamento giusto è quello di una ragionevole attenzione, sfruttando gli aspetti positivi ma senza farsi travolgere da un uso non appropriato. La criminalizzazione del fenomeno, così come la sua esaltazione, rischierebbe di porci fuori del tempo e della storia.
[1] Il cash flow operativo è il risultato lordo della gestione corrente; se esso è notevolmente inferiore all’utile netto - che si ottiene dallo stesso cash flow togliendo imposte e ammortamenti e aggiungendo o togliendo proventi o esborso straordinari - significa che questi ultimi sono stati molto grandi e quindi che il risultato, condizionato proprio da eventi straordinari, sarà difficilmente ripetibile.
[2] L’aumento dei crediti commerciali, oltre che dall’aumento del fatturato, può essere determinato anche dalla difficoltà dei clienti a pagare le forniture, e per questo i tempi degli incassi si allungano
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